incontro del 6 maggio 2017

VISITA ALLA FONDAZIONE MUSEO ALBERTO SORDI
Sabato 6 maggio scorso, un supergruppo di Soci e Amici romani ha partecipato alla visita della Fondazione Museo Alberto Sordi. Di fatto la storica Villa a Caracalla dove Sordi visse  e morì quattordici anni or sono.
Ad attendere i sodali senesi, oltre al Presidente della nostra Associazione, dott. Luca Verdone, che poi si sarebbe rivelato una delle guide impareggiabili, c’erano il Vicepresidente della Fondazione, dott. Gianni Faralli e la dott. Vittoria Rossi che, con competenza e affetto, ha introdotto i visitatori nelle stanze private di Alberto Sordi.
La villa a più piani, costruita ai tempi del fascismo e abitata dal gerarca Dino Grandi, fu messa all’asta nel 1958. Se la contesero Vittorio De Sica e Alberto Sordi. Alla fine quest’ultimo ebbe la meglio. Ma l’operazione non intaccò per niente la loro amicizia.
Introduce gli ospiti nella casa una gigantesca riproduzione del cavallo Nestore che ha fermato qui la sua “ultima corsa”.
All’interno i visitatori sono accolti dal confortevole salone dove la famiglia Sordi amava riunirsi.  Su una parete, fino al soffitto, vengono esposte innumerevoli statuette di uccellini  di cui  Sordi era appassionato.
Quindi si guadagna la sala da pranzo. Prevalentemente per pochi ospiti alla volta, perché Sordi non amava le grandi ammucchiate.   Quando era solo, preferiva mangiare su all’ultimo piano nella quotidianità della  cucina con le sorelle.
Colpisce il “salotto buono” dove nelle morbidezze dei cuscini sembra di vedere i suoi amici più intimi Monica Vitti, Federico Fellini, Vittorio De Sica…. E pensare che tra quei divani forse si sono consumate scelte importanti per il cinema italiano.
Entrando più nel cuore della casa, troviamo lo studio di Alberto, traboccante di oggetti più e meno preziosi.  Traboccante come il resto della casa con le sue collezioni di uccellini, premi ricevuti, ritagli di giornali, onorificenze, regali di ammiratori, ricordi di famiglia. Alberto non buttava via niente e ogni oggetto aveva per lui un significato speciale.
D’improvviso il brusio curioso del gruppo tace.  Si entra nella camera da letto. Sobria. Ricca soltanto di qualche immagine sacra a sottolineare il profondo sentimento religioso che animava Sordi.   Il letto, unico un po’ interdetto ai visitatori, è quello su cui Sordi è morto.
Quindi segue la famosa barberia. E’ un’emozione trovare appesi i suoi abiti, le scarpe, le cravatte, gli oggetti di uso quotidiano.  Sono lì, si possono toccare come se fossimo nel guardaroba di un amico.
Verso la conclusione della visita, passiamo per quella che viene definita la palestra. Pochi strumenti ginnici, ma strapiena di abiti di scena, cappelli, una bicicletta, oggetti d’ogni genere. Infine il teatro. Perché a casa Sordi non poteva mancare un teatro con tanto di graziosa galleria. Su comodi divanetti Sordi intratteneva  i suoi amici. Per qualche anteprima? Un provino?
Adesso i divanetti sono stati sostituiti da tante sedie, perché per volere della Fondazione nel teatro si sono tenuti alcuni concerti.  Non solo. Recentemente è stato bandito un concorso pubblico per trasformare la Villa in Casa Museo. Il concorso è riservato agli studenti di architettura nel rispetto delle volontà di  Alberto. Sordi infatti ha inteso destinare parte delle sue eredità a giovani talenti di discipline artistiche e culturali.
A Villa Sordi è emerso un profilo un po’ diverso dell’Attore. Parsimonioso, ma generoso. E i due concetti non si elidono. Alberto agiva con oculatezza, ma  si occupava anche degli esseri più fragili, siano stati essi persone o animali.   Così, ad esempio in un ricovero nell’Appennino bolognese consentiva a cavalli diversamente malandati e pronti al macello,  di portare a termine, come natura vuole, la loro vita. 
Quello filantropico è un tratto rimasto oscuro del carattere di Alberto Sordi,  ma la beneficenza, quella vera, deve essere riservata. Altrimenti è ostentazione.